BUREAU OF PUBLIC SECRETS


 

 

Opinioni francofone
sull’Ufficio dei Segreti Pubblici

 

 



Si vede perfettamente ciò che separa Semprun da Trenkle. Laddove il primo, per spiegare il mondo per quello che non va, si focalizza sulla produzione industriale e le nuove tecnologie, il secondo, partendo dalle contraddizioni tra forze produttive e rapporti di produzione, tenta di definire il quadro che permetterà di porre la scienza e le tecnologie di fronte alla prova delle scelte in base alle quali noi aspiriamo a vivere in una società più libera, più giusta, più solidale,più ricca di potenzialità diverse. È altresì la questione della democrazia che qui viene posta. Ci si dovrà ritornare.

Nella sua opera La gioia della rivoluzione Ken Knabb consacra un paragrafo alle “obiezioni dei tecnofobi”. Questo saggista, iscrivendosi in una corrente di pensiero diversa da quella dei membri del gruppo Krisis

(anarchico per il primo, marxista per i secondi), anticipa in qualche modo la riflessione di Norbert Trenkle. Egli nota che “i tecnofobi e i tecnofili [che] si accordano per trattare la tecnologia separatamente dagli altri fattori sociali, non divergono che nelle loro conclusioni, egualmente sempliciste, che enunciano che le nuove tecnologie sono liberatorie in sé stesse o alienanti in sé stesse. Knabb precisa tuttavia che “la tecnologia moderna è così strettamente mescolata a tutti gli aspetti della nostra vita che non potrebbe essere soppressa bruscamente senza annientare, in un caos mondiale, miliardi di persone”. Egli si appoggia ai seguenti esempi (spesso citati, ma sempre pertinenti): “Dubito che i tecnofobi vorranno realmente eliminare le poltrone a rotelle motorizzate; o disinserire meccanismi ingegnosi come quello che permette al fisico Stephen Hawking di comunicare malgrado la sua paralisi totale; o lasciar morire una partoriente che potrebbe essere salvata dalla tecnologia medicale; o accettare la ricomparsa di malattie che una volta uccidevano o invalidavano regolarmente una notevole percentuale della popolazione; o rassegnarsi a non poter mai visitare gli abitanti di altre regione del globo a meno che non possano essere raggiunti a piedi, e a non poter mai comunicare con loro; o restare senza far niente quando degli uomini muoiono a causa di carestie che potrebbero essere soffocate dal trasporto di viveri da un continente all’altro”.

Ken Knabb in seguito fa l’inventario delle tecnologie che dovrebbero sparire: in primo luogo il nucleare, ma anche le industrie che producono merci inutili o superflue. Per contro, di altre (dall’elettricità agli strumenti chirurgici, passando per il frigorifero e la tipografia), “tratta di farne miglior uso [...] sottomettendole al controllo popolare e introducendovi alcuni miglioramenti d’ordine ecologico”. Knabb riprende il sempiterno esempio dell’automobile in termini simili a quelli di Trenkle. Precisiamo che l’EdN [Encyclopédie des Nuisances] non può essere assimilata alla tendenza più fondamentalista dell’ecologia alla quale si riferisce principalmente Ken Knabb. Jean-Marc Mandosio consacra d’altronde varie pagine di Apres l’effondrement

a confutare le tesi di John Zerzan, il principale pensatore di quella corrente,. Troppo vicino in definitiva a Heidegger (il quale, a causa della sua vicinanza [compagnonnage] al nazismo puzza troppo di zolfo per ritrovarsi nel pantheon enciclopedico, tra gli spregiatori della tecnica). E Mandosio non intende risalire alla preistoria per cercare l’essenza della tecnologia. La società industriale gli basta. Come dire che gli enciclopedisti, che affermano chiara e forte la loro opposizione alla “società industriale”, diventano più prudenti, più evasivi, se non più modesti quando si affrontano le questioni del “come fare” o del “come vivere” che la distruzione di questa società implica.

Max Vincent — Du temps que le situationnistes avaient raison
(febbraio 2007)
[Dell’epoca in cui i situazionisti avevano ragione]
http://lherbentrelespaves.fr/index.php?post/2013/04/10/Du-temps-que-les-situationnistes-avaient-raison


 



Faccio mia l’analisi di uno dei miei osservatori politici preferiti, François Talmont: “I situazionisti erano noiosi, pretenziosi e fuori strada. I post-situazionisti, sono la stessa cosa, ma in peggio.” Naturalmente, questa verità generale non deve far dimenticare che ci sono, come spesso capita, delle eccezioni. Una di queste è ai miei occhi il caso intrigante di Ken Knabb, la cui autobiografia, scritta nel 1997, si può leggere sul suo sito Bureau of Public Secrets, nella versione originale in inglese (Confessions of a mild-mannered enemy of the State) piuttosto che in una traduzione francese purtroppo costellata di refusi e di errori (Confessions d’un ennemi débonnaire de l’Etat). Traspare da questo documento un certo fascino, legato sia agli aspetti pittoreschi e sorprendenti della personalità dell’autore, che alle sue qualità letterarie, e in primo luogo alla limpidezza d’espressione, molto differente dallo “stile situazionista strano e tortuoso”.

Nato nel 1945 in Louisiana in un ambiente rurale cattolico, passò la sua infanzia nelle fattorie familiari del Middle West. Dopo gli studi in una università dell’Illinois (fondata sul modello di quella di Chicago, descritta scherzosamente come “una università protestante in cui dei professori ebrei insegnano la filosofia cattolica a degli studenti atei”), si trasferì in California e si sistemò definitivamente a Berkeley. “Non dovendo provvedere ai bisogni di una famiglia”, ha vissuto di “redditi che non hanno mai superato la soglia ufficiale di povertà”, guadagnando giusto il minimo vitale, in particolare giocando a poker e guidando taxi, preservando per sé il massimo di tempo libero. L’autore ripercorre l’evoluzione dei suoi gusti letterari (tra gli altri James Joyce, Henry Miller, Kenneth Rexroth di cui è uno dei migliori conoscitori, e la canzone francese) e delle sue idee politiche (il passaggio dal cristianesimo all’ateismo, il gauchisme, la controcultura anarchica, infine il situazionismo di cui è uno dei migliori specialisti, avendo tradotto e pubblicato nella fine degli anni ’70 una Situationist International Anthology). Egli indica parallelamente diverse passioni che l’hanno animato, come il bridge, le droghe (peyotl, psilocibina, LSD, erba), la musica, gli sport (Karate, basket, tennis, scalata) e il buddismo zen.

Leggendo la storia della sua vita, Ken Knabb mi ha dato l’impressione di un uomo curioso, modesto ed onesto. Capisco la sua delusione di fronte agli impostori stalinisti delle Black Panthers. Mi domando come ha potuto arrivare a pensare che l’anarchismo non era che una “ideologia come tutte le altre, con la sua galleria di eroi e di idee feticizzate” senza comprendere che sarebbe andata nella stessa maniera con i situazionisti. Non manca di esprimere delle riserve davanti a costoro, analizzando l’uso fatto da loro e dai loro seguaci delle “rotture di tipo situazionista”, che conducevano a che “degli antagonismi personali sempre più insignificanti fossero trattati come gravi differenze politiche”. Ma certamente Knabb resta prigioniero di un certo modello ideologico. Rimpiango che non rimpianga niente raccontando della sua aggressione bislacca al poeta anarchico Gary Snyder, che ammirava tuttavia, ma al quale rimprovera principalmente d’essere stato applaudito dai suoi ascoltatori nel corso delle sue letture pubbliche, cosa che rivelava “la natura fondamentalmente spettacolare dell’evento”! Si ricade in pieno sciamanismo ideologico. Allo stesso modo è solo per superstizione situazionista che, all’uscita della sua antologia dell’IS, quando piovono le domande, rifiuta ogni lettura, ogni intervista, ecc, privando il pubblico e provando sé stesso di contatti che sarebbero potuto essere fruttuosi. A parte l’autobiografia, il materiale disponibile sul suo sito mi ispira gli stessi sentimenti contrastanti. Ammiro il suo lavoro d’archivista e di editore di Rexroth,ma non comprendo perché perda tempo a fissare puntigliosamente una raccolta dei Graffiti du soulèvement anti-CPE del 2006, che sono di una banalità e pure di una stupidità impressionante (del genere “Pace tra i popoli, guerra tra le classi”, “Vogliamo vivere” o ancora “Nello sciopero c’è un sogno” [Dans Grève il y a Rêve], si vede quale livello).

Infine, è un mistero come ce ne sono dappertutto, le sue Confessioni mi sono piaciute, meritavano di farne un libro.

Philippe Billé — Un marxiste zen (blog, settembre 2007)
http://journaldoc.canalblog.com/archives/2007/09/11/6172210.html

 



Secrets Publics
è il terzo libro che Ken Knabb pubblica in francese, benché si presenti sempre come il “traduttore americano dei film di Guy Debord e di una antologia dell’Internazionale Situazionista”.

Ken Knabb ha così ben assimilato la lingua e la cultura francesi che io ho talvolta l’impressione di rivolgermi ad un compatriota. Egli conserva tuttavia la caratteristica molto nordamericana di un’enunciazione chiara e diretta, senza l’ansia di apparire intelligente, o soltanto interessante. L’opera avrebbe potuto chiamarsi “L’IS per i mediocri”? No, benché si possa incontestabilmente farne un uso del genere — è il primo libro da leggere per chi non conosce niente, né sulla critica radicale, né sulla controcultura nordamericana.

Secrets Publics è anche il libro di un autore. Si vede delinearsi man mano dalle pubblicazioni di Knabb un pensiero forte e personale. Il tono senza manierismi non deve consentire di ignorare la varietà di esperienza e di erudizione, tanto meno la scioltezza e la sottigliezza. Ken Knabb è implicato personalmente in tutto ciò che scrive; è sempre presente come attore, non come testimone od osservatore. Questo gli permette di navigare come nessuno altro sui temi più diversi senza assumere pose né rovinarsi la faccia.

Jean-Pierre Depétris (sito web, ottobre 2007)
http://jdepetris.free.fr/pages/librairie.html

 



Secrets Publics
, di Ken Knabb sta per uscire per le edizioni Sulliver. Ho già parlato del sito di Ken a proposito dell’inserimento in rete dell’opera e della vita di Kenneth Rexroth. Dopo averlo scoperto, ho tradotto qualche testo di Rexroth, poi passando da un argomento all’altro, qualche pagina per il libro in preparazione. Ken è un atipico. Già è americano — scherzo ... — situazionista un pizzico zen e si interessa di ciò che capita al di là della siepe del suo giardino. Bene, come ogni situazionista che si rispetti, ama le controversie e lo spezzare il capello in quattro, se non in otto.

La raccolta è una buona testimonianza sulla storia misconosciuta del situazionismo negli USA e sulla traiettoria di un tipo atipico.

L’occasione di salutare qui il lavoro di Sulliver, che come altre piccole case editrici, riescono ancora a stampare qualcosa d’altro del bollito misto best seller.

“Noi ci dedichiamo alla lingua non sottomessa. Alla lingua che si sforza di sottrarre il linguaggio alla servitù e alla povertà alle quali vorrebbe ridurlo il pensiero standardizzato: E noi daremo la parola a quei testi che sapranno esprimere gli appelli, i lamenti, le rivolte della parte fragile del mondo.”

E poi, se non acquistate il libro, potete leggerlo gratis praticamente tutto sul sito di Ken.

Lo so, non dovevo dirlo. Scusami, Ken, non lo rifarò ...

Didier Mainguy (sito web, ottobre 2007)

 



Ken Knabb è americano e situazionista (una cosa non impedisce — o quasi — l’altra). Secrets Publics (Sulliver) riunisce la maggior parte dei suoi scritti, ma comprende anche una parte autobiografica appassionante, “Confessions d’un ennemi débonnaire de l’

État”, documento veritierosull’itinerario diun radicale americano. Dalla sua felice infanzia nel Missouri al suo impegno politico, ma pure dalla sua passione per la musica country e il blues al suo gusto per la meditazione zen, Ken Knabb è un personaggio al tempo stesso piuttosto singolare ed emblematico della nostra generazione. Traduttore dei film di Guy Debord, si esprime tuttavia in una lingua chiara e concreta, non priva di humour, non ultima tra le sue qualità. Leggere il suo libro è un modo per uscire dai nostri cliché sull’America — e indubbiamente per comprenderla meglio.

Évelyne Bloch-Dano (sito web, dicembre 2007)
www.ebloch-dano.com/pelemele.php

 



Un vento di libertà e d’immaginazione è soffiato sull’America del Nord degli anni sessanta, ed in particolare sulla costa occidentale. Si riassumeva nella formula più concisa possibile: do it! È inquietante che quella libertà e quell’immaginazione siano finite per sigillarsi in un’industria dello spettacolo che diviene sempre più una parte pachidermica e strategica del mercato mondiale.

Dei marginali tentativi di “sbrogliarsela” hanno generato dei modi di vita e delle economie parallele fino a modificare quelli che dominavano. Anche lo sviluppo del personal computer, di internet e della programmazione free sources non hanno seguito un percorso molto diverso.

L’opera di Ken Knabb, Secrets Publics, è una di quelle che meglio comprendono e descrivono questo doppio processo. Certo, non lo fa come un sociologo o uno “specialista”. Le scienze umane dimenticano che se l’osservazione obiettiva è un fattore importante della conoscenza, l’esperienza lo è ancora di più, poiché da essa dipende in definitiva ciò che vi è da osservare. Knabb parla a partire dalle sue esperienze dirette, per quanto modeste esse siano.

La controcultura americana era antispettacolare senza saperlo. Questo Ken Knabb lo sapeva. E voleva che lo sapesse. La sua prima vera “azione” fu piuttosto modesta: la distribuzione di un volantino in occasione di una lettura pubblica del poeta Gary Snider, nel 1970.

“Non abbiamo bisogno di poeti preti”, tale ne era il titolo, come il contenuto. Nella sua opera, Secrets publics, racconta l’avvenimento con la massima sincerità.

È evidente che l’autore critica in primo luogo sé stesso come fan di Snyder. Altrettanto evidente è che se la sua critica aveva raggiunto uno scopo e aveva fatto evolvere qualcuno, si trattava in primo luogo di lui stesso.

Simili notazioni potrebbero apparire ironiche. Ken Knabb ha tuttavia ragione ad insistere; non si comprende realmente qualcosa se non vi si è implicati personalmente. [...]

Knabb, di una nuova generazione, non è mai stato molto sensibile al contenuto propriamente artistico dell’IS, non più di quanto lo fosse riguardo alla cultura americana. I suoi gusti letterari ed artistici erano contemporaneamente più “classici” (per sua propria ammissione) e più “cosmopoliti”. Ma non è di una questione di gusti il caso di parlare. [...]

Non è, ad ogni modo, il caso di riportare Knabb all’IS, non più che a Kenneth Rexroth, o alla controcultura degli Stati Uniti. Egli segue, come ha sempre fatto, la sua propria strada senza preoccuparsi molto di etichette e di appartenenze — diciamo semplicemente che la sua strada è passata di lì.

Questo modo di procedere, senza cercare di assumere le pose di una “personalità”, né di farsi portaparola di qualcuno, ed ancora meno di nascondersi sotto l’anonimato di un “collettivo”, è il segno più distintivo di Ken Knabb. Egli è inoltre consustanziale alle sue posizioni.

Ne risulta, come secondo segno distintivo, un’estrema chiarezza ed una grande semplicità, che nello stesso tempo lo distingue e lo pone nelle propaggini dei situazionisti. [...]

In ciò che costituisce il suo stile più personale, il suo marchio, Ken Knabb si ritrova contemporaneamente sia nelle propaggini sia molto distante dall’IS. Meglio ancora, ciò che più lo caratterizza, quella maniera di porsi al centro del mondo e da lì di parlare senza pose e con la massima semplicità, mi pare che sia paradossalmente anche il segno di un più generale cambiamento d’epoca.

Le idee non sono mai completamente separabili da coloro che le enunciano, dalle loro pratiche e dalle loro esperienze. Non lo sono neanche dal modo in cui sono enunciate e diffuse. Knabb è tra coloro che meglio lo hanno compreso, e meglio sono riusciti nel passaggio da un’epoca ad un’altra. Vi è pervenuto senza averne parlato molto, come se i metodi, la tecnica, fossero impliciti.

Sa usare perfettamente le risorse del computer e di internet, più “personali”, come i situazionisti erano stati maestri di quelle della brochure, del volantino, della rivista, più tipiche del “gruppo”, e nell’adeguazione del contenuto ai mezzi messi in opera. Tutti i suoi scritti sono in linea, in open source, e in varie lingue, sul sito del Bureau of Public Secrets, come le traduzioni dall’Internazionale Situazionista e una buona parte delle opere di Kenneth Rexroth.

Se ne potrebbe concludere, lo si crede sovente, che il cambiamento d’epoca di cui parlo sia determinato dalle nuove tecnologie della comunicazione, e forse anche dalle imprese che le commercializzano. Ma sarebbe dimenticare un po’ troppo presto che tutto era già in opera al tempo del ciclostilato e poi della fotocopia. Sarebbe ignorare soprattutto nessuna tecnica permette di sapere a che e come se ne serve l’economia.

Quando lo si sa, si fa dimenticare. Se basta per questo pagare cari gli utensili hardware e software, o essere bravi “in informatica”, la cosa sarà meno rara. I linguaggi di programmazione, il personal computer e internet sono notevoli utensili per utilizzare il segno scritto del pensiero, per permettere a ciascuno di essere al centro di una rete nella quale tutti coloro che vi si raccordano possono essere al centro della loro, per seguire la propria strada senza essere intralciati incontrando quelli che seguono la loro, perché la libertà di ciascuno rafforza, e non limita, quella di tutti. Ancora, è necessario (e quasi sufficiente) che lo si voglia fare!

Per parlare anch’io per esperienza diretta, raramente ho trovato un modo più efficace e più flessibile di lavorare, tra i tanti, che nei miei scambi con Ken Knabb, in particolare per delle traduzioni. Benché siamo separati da un continente, quanto contrastava con la pesantezza e i tempi morti abituali ad attività comparabili in un quadro più professionale.

Ancora una volta, una tale notazione potrebbe apparire di scarso rilievo, se non insignificante. Io la metterei volentieri in parallelo con una certa impressione d’irrealismo che suscitano le teorie di Knabb, e che lui non si dà neanche la pena di nascondere. Che vi è infine di irrealistico nelle sue posizioni? Soltanto che una una nuova forma di organizzazione del lavoro umano potrebbe generalizzarsi senza fatica e nella felicità generale.

Questo sapere “irrealista” non dovrebbe celare quest’altro aspetto più pratico: questo modo di organizzazione, indipendentemente dal fatto che sia più libero, più piacevole e più degno dell’uomo , è efficace ed inventivo? Se lo è più dell’organizzazione coercitiva e gerarchica che lo blocca, prenderà il tempo che gli servirà, ma si generalizzerà.

Jean-Pierre Depétris, estratti da Ken Knabb, l’Internationale Situationniste et la contre-culture nord-américane
(gennaio 2008, articolo in corso di pubblicazione nella rivista Gavroche)
http://jdepetris.free.fr/load/KK_et_IS.html

 



Ken Knabb. Secrets Publics. Escarmouches de Ken Knabb. Editions Sulliver, 2007. 408 p. couv. Illustr. Index.

Ken Knabb, figlio del baby boom americano, e senza dubbio già conosciuto dai nostri lettori per la sua opera su Kenneth Rexroth, apparsa sull’Atelier de Création Libertaire, ma anche dagli internauti dove il suo “Bureau of Public Secrets” presenta in inglese numerosi testi del situazionismo. Egli riunisce nel presente libro una gran parte dei suoi scritti, da un primo volantino del 1970 contro il culto del poeta che si erige come grande prete, fino ad un commentario del 2006 sul movimento francese anti-CPE.

Oggi quando gli avvenimenti si “zappano” e si dimenticano, tutto pare effimero, in particolare l’attualità americana. Si comincerà la lettura di quest’opera con l’autobiografia dell’autore (pag. 207). Si percepiscono così nella loro interiorità le esperienze di gioventù, le figure tutelari, la scoperta dell’anarchismo, l’esperienza buddista, l’investimento incondizionato nell’avventura situazionista. Questo comunitarista profondamente indipendente esprime attraverso volantini, pamphlet e manifesti la sua critica ponderata del movimento hippie, della nuova sinistra americana, del buddismo impegnato e, più recentemente, della corrente detta primitivista. Questi sguardi su figure maggiori come su gruppi effimeri lasciano intravedere le influenze fluide che si esercitano su una certa parte dell’opinione pubblica americana come su alcune delle sue pieghe nascoste.

Ronald Creagh, marzo 2008
(resoconto in corso di pubblicazione nella rivista Réfractions: recherches et expressions anarchistes)

 



Attraverso una scrittura semplice e chiara, Ken Knabb fornisce in questa raccolta preziosi consigli ai rivoluzionari in erba e permette agli “anziani” di rimettere in questione alcune loro concezioni. Se quest’opera non affronta le ragioni per cui fare la rivoluzione (se voi non ne sentite la necessità, ci sono scarse possibilità che un qualunque testo la susciti per voi), potrete trovarvi numerose tracce per rispondere alle questioni d’ordine pratico e teorico con le quali si confronta presto o tardi chiunque sia desideroso di trasformare radicalmente la società.

Infokiosque des Schizoï des Associés (aprile 2008, introduzione alla loro edizione PDF di La Joie de la Révolution)
http://infokiosques.net/spip.php?article426

 


Versione italiana di Opinions francophones sur le BPS, traduzione dal francese di Omar Wisyam.

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